«Non intendo continuare con l’alleanza»- Corriere.it

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di Valentina Santarpia

Il leader di Azione: «Il Pd non riesce a dirsi: io rappresento la sinistra. Devono sempre andarsi a prendere un pezzo di altri partiti». Franceschini dispiaciuto. Letta: «Mi pare che l’unico alleato per Calenda sia Calenda»

Le voci nelle ultime ore si erano moltiplicate, ma la conferma è arrivata solo nel primo pomeriggio di una afosa domenica di agosto, quando Lucia Annunziata, nell’introdurre la sua «Mezz’ora in più», ha presentato un Carlo Calenda «strepitosamente pensoso e silenzioso», pronto ad annunciare la decisione di rompere con l’alleanza con il Pd di Letta e il cartello elettorale messo su negli ultimi giorni. «Una delle decisioni più sofferte prese da quando ho iniziato a fare politica», conferma il leader di Azione, spiegando la sua scelta con un lunghissimo preambolo durante la trasmissione su Rai Tre. Non sente un «minimo di coerenza valoriale», il succo dell’intervista, e questo lo ha spinto ad annunciare che non intende «andare avanti» con un’alleanza che considera un’«ammucchiata di chi dice no a tutto». Mentre Emma Bonino (+Europa) assicura: «Tengo fede al patto».

Il crescendo di disagio

Negli ultimi giorni «c’è stato un crescendo che mi ha dimostrato come sarà la campagna elettorale:

non sarà fatta contro la destra, ma demolendo l’area liberale della coalizione», ha spiegato Calenda. «Quando abbiamo fatto quest’accordo avevamo stabilito che un pezzo della coalizione non poteva demolire l’agenda Draghi». E invece dal momento successivo all’accordo «hanno bombardato l’agenda Draghi: ci doveva essere una coerenza di linguaggio che è saltata subito. E c’è soprattutto una serie di personalità che gli italiani non possono più vedere», precisa il leader di Azione.

Cosa si aspettava Calenda? «Mi aspettavo che cambiassero comportamento, forse sono stato ingenuo», ammette. «Pensavo che il Pd fosse pronto a dimostrare che la sinistra la rappresentavano loro, senza Fratoianni e Bonelli, e così via: pensavo che Letta avesse capito che la coerenza di ciò che si propone è fondamentale». Invece è «prevalso il desiderio di fare un Comitato di liberazione nazionale, ma questo comitato non libera niente». Una rottura dolorosa? Calenda assicura che non c’è «animosità» con Letta, ma solo delusione, che lui non ha mai voluto «la distruzione del Pd» ma anche che non c’è nessuna possibilità di ripensamento, visto che il segretario Pd «ormai questa scelta l’ha fatta netta, se poi domani cambia idea, per l’amor di Dio, ma non mi pare proprio che accadrà».

Le reazioni

Caustica la replica di Letta su Twitter: «Ho ascoltato Carlo Calenda. Mi pare da tutto quel che ha detto che l’unico alleato possibile per Calenda sia Calenda. Noi andiamo avanti per l’interesse dell’Italia». Poco dopo al Tg1 il segretario del Pd ha escluso un ritorno con i 5 Stelle. E sui canali social del Pd i toni sono altrettanti severi: «Carlo Calenda parla di onore. Onore è rispettare la parola data. Un accordo, una firma, una stretta di mano tra persone leali e serie: questo è onore. Il resto, compreso l’attacco alla destra e alla sinistra tutte uguali, è populismo. Populismo d’elite, ma pur sempre populismo». Sulla vicenda è intervenuta, con un post su Facebook, anche la leader di FdI Giorgia Meloni: «Nuovo colpo di scena nella telenovela del centrosinistra. Calenda ci ha ripensato e non si sposa più con Letta, forse scappa con Renzi. Letta mollato sull’altare pensa ora al suo vecchio amore, mai dimenticato, Conte. Il gran finale di stagione tra sette giorni, quando scadrà il termine per la presentazione delle alleanze». Angelo Bonelli invece esprime «vicinanza e sostegno» a Letta, prendendo «atto della scelta di Calenda» (qui le reazioni social).

La decisione sofferta

Calenda ha spiegato nella sua premessa

di aver decido di aprire una trattativa col Pd quando «questa legislatura ha visto tutto e il contrario di tutto, e poi, nel fallimento più assoluto, due punti di rottura: l’incapacità di trovare un nome diverso da Mattarella per la presidente della Repubblica e l’ignominia della caduta di Draghi». A quel punto ha pensato «che l’Italia aveva bisogno di un grande partito democratico, popolare: ho fatto un negoziato con Letta avendo in testa quest’idea», proponendogli «di trovare un’alternativa» insieme, forti della «credibilità» dovuta anche dai tanti incarichi anche a livello internazionale.

L’idea era quella di dimostrare «che c’è un’altra Italia». Ma «man mano che questa negoziazione andava avanti entravano elementi che stonavano: lo spartiacque era non stare con chi aveva provocato la caduta di Draghi. Oggi mi trovo a fianco persone che hanno votato 54 volte la sfiducia a Draghi, più dei 5 Stelle, e dall’altro gli ex 5 Stelle che hanno demolito il lavoro che ho fatto al Mise. E allora mi sono un po’ perso, due giorni fa sono andato da Enrico e gli ho detto: tutti questi meccanismi per cui recuperiamo Di Maio, Tabacci, Manlio Di Stefano, gli italiani non li capiranno».

È a quel punto che Calenda ha lanciato un’ultima possibilità per recuperare: un’alleanza netta, Pd-Azione, rinunciando ai collegi, prendendo solo il 10%. Ma la proposta evidentemente a Letta non è piaciuta, e Calenda ha capito di non sentirsi a propio agio «con questo: non c’è dentro coraggio, bellezza, serietà, onore a fare politica così. Pertanto ho comunicato ai vertici del Pd che non intendo andare avanti con questa alleanza. Non intendo perché credo sia contrario a tutto quello che ho promesso. Ci ho creduto ma così non so cosa spiegare». Le reazioni? Franceschini «dispiaciuto»; Letta «sapeva da ieri quello che sarebbe accaduto, lo avevo avvertito» . Il rapporto con Più Europa ed Emma Bonino? «A un certo punto di questo processo non ho più capito se l’obiettivo comune era cercare una precisa collocazione o mettere tutto e il contrario di tutto», ha spiegato Calenda.

La rottura

Una spinta alla rottura è stato il no di Fratoianni alla Nato: «Se devi stare con chi dice no alla Nato, allora perché non stai coi 5 Stelle», ha chiesto Calenda a Letta provocatoriamente, ricordandogli che i grillini hanno più consensi e meno no a Draghi alle spalle.«Ho sbagliato, ho commesso l’ingenuità di pensare che il Pd fosse pronto a fare una `Bad Godesberg´, che avrebbe rappresentato la sinistra».

I prossimi passi

E ora? «So che è una strada molto più difficile ma che sono convinto che riavvicinerà tantissime persone che oggi non vanno a votare». Quello che Calenda ha in mente non è ricostituire un centro: «Ho sempre pensato che centro non voglia dire nulla: sono in liberal progressista, e dentro il nostro partito ci sono persone con sensibilità diversa. Per ciò che concerne Renzi, so solo che tanto quanto non si fa la politica destra contro sinistra, non si fa nemmeno la politica contro chiunque». Quindi, cosa succederà con il leader di Italia Viva ? «Non ci ho parlato, vedremo – dice Calenda- So solo che negli ultimi due giorni ho ricevuto una quantità di contumelie dai renziani che mai mi era successo: mi era accaduto lo stesso quando Renzi si era alleato con i 5 Stelle. Ma al di là di questo ora noi costruiremo liste molto forti, ma non faremo promesse. Ci siamo impegnati a fare la politica come gli italiani l’hanno sempre chiesta, vedremo se gli italiani la sceglieranno».

Le firme

Il rischio è che ora, avendo perso l’«appoggio» di Bonino, Calenda debba raccogliere le firme per potersi presentare alle elezioni. «Se dovremo raccoglierle, lo faremo. Se non ce la facciamo, vuol dire che l’offerta era debole. Qualunque cosa di grande comporta un grande rischio».

Forse sa, Calenda, che ora rischia di diventare il principale accusato di una eventuale sconfitta della sinistra. Ma lui chiosa: «Questa coalizione è fatta per perdere, ce n’era una che era fatta per vincere. La scelta è stata del Pd, ma non posso seguire una strada dove la coscienza non mi porta. Se il Paese non mi seguirà ne trarrò le conseguenze».

7 agosto 2022 (modifica il 7 agosto 2022 | 20:23)



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Valentina Santarpia , 2022-08-07 14:14:27 ,

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